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Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano un modello innovativo e promettente per la transizione energetica, promuovendo la produzione e il consumo di energia da fonti rinnovabili a livello locale.

Tuttavia, la loro crescente popolarità e la complessità del modello le rendono vulnerabili a fenomeni di Greenwashing e rischiano di minarne la credibilità e l’efficacia.

Nel presente articolo, partendo dalla definizione del Greenwashing, di come si manifesta e le possibili contromisure, cerchero’ di portare all’attenzione come tale fenomeno interessa anche le CER.

𝐋’𝐨𝐫𝐢𝐠𝐢𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐫𝐞𝐞𝐧𝐰𝐚𝐬𝐡𝐢𝐧𝐠

Il Pianeta Terra sta cambiando rapidamente. La crisi climatica, l’esaurimento delle risorse e la crescente consapevolezza dei consumatori stanno spingendo verso un modello economico più sostenibile. Gli investimenti ESG (Environmental, Social, Governance) sono in forte crescita, e la transizione energetica verso fonti rinnovabili e’ al centro dell’agenda politica globale.

In questo contesto, le aziende, soprattutto quelle del settore energetico, sono sotto pressione per dimostrare il loro impegno verso la transizione E.S.G..

Tuttavia, non sempre le dichiarazioni di sostenibilità corrispondono alla realtà.

Il “Greenwashing”, termine che indica la pratica di comunicare in modo ingannevole o fuorviante le proprie pratiche ambientali, e’ un fenomeno sempre più diffuso.

Si tratta di un problema serio, e sempre più diffuso, perché mina la fiducia dei consumatori, distorce la concorrenza e ostacola la transizione verso un’economia realmente sostenibile. Il greenwashing puo’ essere intenzionale, frutto di una strategia di marketing aggressiva, ma puo’ anche essere il risultato di una scarsa conoscenza delle normative o di una comunicazione imprecisa.

𝐈𝐥 𝐆𝐫𝐞𝐞𝐧𝐰𝐚𝐬𝐡𝐢𝐧𝐠 𝐧𝐞𝐥 s𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞 e𝐧𝐞𝐫𝐠𝐞𝐭𝐢𝐜𝐨: f𝐨𝐫𝐦𝐞 𝐞 m𝐚𝐧𝐢𝐟𝐞𝐬𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢

Il settore energetico e’ particolarmente vulnerabile al Greenwashing, per diverse ragioni. Innanzitutto, la catena di approvvigionamento energetico e’ complessa, e spesso e’ difficile per i consumatori comprendere l’origine e l’impatto ambientale dell’energia che utilizzano. Inoltre, misurare e confrontare l’impatto delle diverse fonti energetiche non e’ sempre semplice. Le certificazioni energetiche, come i certificati di origine rinnovabile, dovrebbero garantire la provenienza “verde” dell’energia, ma possono essere utilizzate in modo improprio, creando confusione e false aspettative.

Vi elenco alcuni esempi concreti di greenwashing nel settore energetico:

𝐚) “𝐄𝐧𝐞𝐫𝐠𝐢𝐚 𝐕𝐞𝐫𝐝𝐞” 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐨𝐬𝐢̀ 𝐯𝐞𝐫𝐝𝐞 –> Un fornitore potrebbe vendere come “verde” energia proveniente da un grande impianto idroelettrico che ha avuto un impatto significativo sull’ecosistema fluviale, o da biomasse la cui coltivazione ha causato deforestazione.

𝐛) 𝐏𝐫𝐨𝐦𝐞𝐬𝐬𝐞 𝐞𝐬𝐚𝐠𝐞𝐫𝐚𝐭𝐞 –> Un’azienda potrebbe pubblicizzare la riduzione delle emissioni di CO2 in termini molto superiori a quelli reali, omettendo di considerare l’intero ciclo di vita del prodotto o servizio.

𝐜) 𝐂𝐚𝐫𝐛𝐨𝐧 𝐍𝐞𝐮𝐭𝐫𝐚𝐥𝐢𝐭𝐲” 𝐟𝐢𝐭𝐭𝐢𝐳𝐢𝐚 –> Un’impresa potrebbe dichiararsi “carbon neutral” compensando le proprie emissioni attraverso progetti di riforestazione di dubbia efficacia, senza pero’ ridurre le emissioni prodotte dalle proprie attività.

𝐝) 𝐈𝐧𝐯𝐞𝐬𝐭𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐟𝐨𝐬𝐬𝐢𝐥𝐢 𝐦𝐚𝐬𝐜𝐡𝐞𝐫𝐚𝐭𝐢 –> Un’azienda potrebbe presentare investimenti in fonti fossili come “investimenti di transizione” necessari per garantire la sicurezza energetica, senza pero’ avere un piano concreto per la decarbonizzazione a lungo termine.

𝐞) 𝐌𝐚𝐫𝐤𝐞𝐭𝐢𝐧𝐠 𝐢𝐧𝐠𝐚𝐧𝐧𝐞𝐯𝐨𝐥𝐞 –> L’uso di immagini di paesaggi incontaminati, foglie verdi e slogan accattivanti puo’ creare una percezione di sostenibilità che non corrisponde alla realtà.

𝐟) 𝐆𝐫𝐞𝐞𝐧 𝐂𝐥𝐚𝐢𝐦 𝐬𝐮𝐥 𝐅𝐮𝐭𝐮𝐫𝐨 –> Dichiarare un obbiettivo di emissioni zero senza disporre di un solido piano industriale e finanziario a supporto, senza “milestone” intermedie verificabili.

𝐐𝐮𝐚𝐝𝐫𝐨 n𝐨𝐫𝐦𝐚𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐝𝐢 r𝐢𝐟𝐞𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨

Fortunatamente, la lotta al greenwashing e’ supportata da un quadro normativo sempre più articolato, a livello internazionale, europeo e nazionale.

• 𝐚 𝐥𝐢𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 –> L’Accordo di Parigi sul clima, con i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni, rappresenta un punto di riferimento fondamentale. Le Linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali e i Principi Guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani sottolineano1 la responsabilità sociale delle imprese, anche in materia ambientale. Gli standard internazionali di reporting sulla sostenibilità, come il GRI (Global Reporting Initiative) e il SASB (Sustainability Accounting Standards Board), forniscono linee guida per una comunicazione trasparente e comparabile.

• 𝐚 𝐥𝐢𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐞𝐮𝐫𝐨𝐩𝐞𝐨 –> L’Unione Europea e’ in prima linea nella lotta al greenwashing. La Direttiva sulla rendicontazione non finanziaria (NFRD), presto sostituita dalla più ambiziosa Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), impone alle grandi aziende di rendicontare in modo dettagliato le proprie performance ambientali e sociali. Il Regolamento sulla Tassonomia UE stabilisce criteri chiari per definire quali attività economiche possono essere considerate sostenibili, aiutando a orientare gli investimenti. La Direttiva sulle pratiche commerciali sleali vieta le comunicazioni ingannevoli, comprese quelle relative all’ambiente. Sono in discussione ulteriori proposte legislative per contrastare specificamente il greenwashing, come la proposta di direttiva sulle “Green Claims”. La strategia “Fit for 55” punta a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030.

• 𝐚 𝐥𝐢𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 (𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚) –> In Italia, il Codice del Consumo tutela i consumatori dalle pratiche commerciali scorrette, comprese quelle relative alle affermazioni ambientali ingannevoli. Il Decreto Legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti potrebbe essere esteso ai reati ambientali, aumentando la pressione sulle aziende. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha il potere di sanzionare le imprese che adottano pratiche commerciali scorrette, compreso il greenwashing.

𝐏𝐫𝐨𝐟𝐢𝐥𝐢 𝐝𝐢 𝐑𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀

Il greenwashing non e’ solo una questione etica, ma comporta anche seri rischi legali, le aziende che ingannano i consumatori o gli investitori possono incorrere in diverse forme di responsabilità:

• 𝐑𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐂𝐢𝐯𝐢𝐥𝐞 –> Un consumatore ingannato da un’affermazione ambientale falsa potrebbe chiedere il risarcimento del danno. Gli investitori potrebbero agire in giudizio se le informazioni fuorvianti hanno causato una perdita di valore dei loro investimenti. Le aziende concorrenti potrebbero intentare causa per concorrenza sleale.

• 𝐑𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐀𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 –> L’AGCM puo’ infliggere sanzioni pecuniarie significative alle aziende che adottano pratiche commerciali scorrette. Altre autorità di regolamentazione, come quelle del settore energetico, possono intervenire in caso di violazioni specifiche. Se il D.Lgs. 231/2001 venisse esteso ai reati ambientali, le aziende potrebbero essere chiamate a rispondere direttamente per le condotte illecite dei propri dipendenti o dirigenti.

• 𝐑𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐀𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 –> In alcuni casi, il greenwashing particolarmente grave e intenzionale potrebbe configurare reati come frode, truffa o reati ambientali, con conseguenze penali per i responsabili.

• 𝐃𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐑𝐞𝐩𝐮𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 –> Oltre alle conseguenze legali formali, c’e’ un danno spesso anche più grave, quello alla reputazione. Le aziende che vengono “scoperte” a fare greenwashing perdono la fiducia dei consumatori e degli investitori, con conseguenze negative sul business a lungo termine.

𝐒𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐢 t𝐮𝐭𝐞𝐥𝐚 𝐞 p𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞

La lotta al Greenwashing richiede un approccio multi-livello, che coinvolga consumatori, investitori, imprese e autorità di controllo:

• 𝐏𝐞𝐫 𝐢 𝐂𝐨𝐧𝐬𝐮𝐦𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐈𝐧𝐯𝐞𝐬𝐭𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢 –> I consumatori e gli investitori possono agire in giudizio individualmente o attraverso azioni collettive (class action) per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa del greenwashing. Possono inoltre segnalare le pratiche scorrette all’AGCM.

• 𝐏𝐞𝐫 𝐥𝐞 𝐈𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞 (𝐏𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞) –> Le aziende possono prevenire il greenwashing adottando una serie di misure: Implementare sistemi di gestione ambientale certificati (es. ISO 14001). Adottare codici etici e politiche di sostenibilità chiare e trasparenti. Sottoporre le proprie informazioni ambientali a verifica indipendente (due diligence, assurance). Formare i propri dipendenti sui temi della sostenibilità e della comunicazione responsabile. Dialogare apertamente con gli stakeholder (consumatori, investitori, ONG, ecc.) per raccogliere feedback e migliorare le proprie pratiche.

• 𝐑𝐮𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐎𝐫𝐠𝐚𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐂𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨𝐥𝐥𝐨 –> Le autorità di controllo, come l’AGCM, la CONSOB e le autorità di regolamentazione del settore energetico, devono intensificare la vigilanza e sanzionare le pratiche scorrette. E’ necessario sviluppare linee guida e standard più stringenti per la comunicazione ambientale. La collaborazione internazionale e’ fondamentale per contrastare il greenwashing in un mercato globale.

𝐔𝐧 c𝐚𝐭𝐚𝐥𝐨𝐠𝐨 𝐝𝐢 c𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐞 i𝐧𝐠𝐚𝐧𝐧𝐞𝐯𝐨𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐂𝐄𝐑

Se giunti a questa parte, si e’ compreso pienamente il fenomeno del greenwashing, vi porto all’attenzione i rischi che possono affrontare le CER:

• 𝐃𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐂𝐫𝐞𝐝𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐨𝐝𝐞𝐥𝐥𝐨 –> Il greenwashing mina la fiducia dei cittadini e delle istituzioni nelle CER, ostacolando la diffusione di un modello potenzialmente molto positivo.

• 𝐃𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐄𝐜𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐜𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐢 𝐌𝐞𝐦𝐛𝐫𝐢 –> I membri delle CER potrebbero subire perdite economiche se i benefici promessi non si concretizzano o se i costi sono superiori al previsto.

• 𝐃𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐀𝐦𝐛𝐢𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐞 –> Il greenwashing puo’ portare a scelte non realmente sostenibili, vanificando gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di tutela dell’ambiente.

• 𝐑𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐥𝐢 –> Le CER che adottano pratiche di greenwashing possono incorrere nelle stesse responsabilità (civili, amministrative, penali) descritte nell’articolo principale

• 𝐃𝐢𝐬𝐮𝐠𝐮𝐚𝐠𝐥𝐢𝐚𝐧𝐳𝐞 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢 –> Se i benefici delle CER sono concentrati nelle mani di pochi, si creano nuove forme di disuguaglianza energetica.

Vi offro quindi un “decalogo” delle pratiche che bisogna attenzionare per evitare l’assunzione di rischi di greenwashing nelle CER.

10 punti chiave:

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟏: 𝐋𝐚 𝐂𝐄𝐑 “𝐅𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐦𝐚” (𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐒𝐨𝐜𝐢𝐨 𝐔𝐧𝐢𝐜𝐨) –> Costituzione di una CER solo sulla carta, controllata di fatto da un’azienda energetica o da un singolo promotore. I membri della comunità sono meri “figuranti”, senza potere decisionale. I benefici economici sono dirottati verso il soggetto controllante. 𝑺𝑬𝑮𝑵𝑨𝑳𝑰 𝑫’𝑨𝑳𝑳𝑨𝑹𝑴𝑬 –> 𝑺𝒕𝒂𝒕𝒖𝒕𝒐 𝒑𝒐𝒄𝒐 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒓𝒐, 𝒂𝒔𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒊 𝒂𝒔𝒔𝒆𝒎𝒃𝒍𝒆𝒆, 𝒅𝒆𝒄𝒊𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒆 “𝒅𝒂𝒍𝒍’𝒂𝒍𝒕𝒐”.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟐: 𝐋’𝐈𝐥𝐥𝐮𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 “𝐂𝐚𝐫𝐛𝐨𝐧 𝐍𝐞𝐮𝐭𝐫𝐚𝐥𝐢𝐭𝐲” –> Proclamare la CER “a zero emissioni” senza considerare l’intero ciclo di vita degli impianti (produzione, installazione, smaltimento). Ignorare l’energia prelevata dalla rete (e quindi potenzialmente da fonti fossili) quando la produzione locale e’ insufficiente. 𝑺𝑬𝑮𝑵𝑨𝑳𝑰 𝑫’𝑨𝑳𝑳𝑨𝑹𝑴𝑬 –> 𝑴𝒂𝒏𝒄𝒂𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒊 𝒖𝒏 𝒃𝒊𝒍𝒂𝒏𝒄𝒊𝒐 𝒆𝒏𝒆𝒓𝒈𝒆𝒕𝒊𝒄𝒐 𝒅𝒆𝒕𝒕𝒂𝒈𝒍𝒊𝒂𝒕𝒐 𝒆 𝒕𝒓𝒂𝒔𝒑𝒂𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟑: 𝐋𝐚 “𝐆𝐫𝐞𝐞𝐧 𝐄𝐧𝐞𝐫𝐠𝐲” 𝐝𝐢 𝐃𝐮𝐛𝐛𝐢𝐚 𝐏𝐫𝐨𝐯𝐞𝐧𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 –> Utilizzo di fonti rinnovabili con impatti ambientali significativi (es. biomasse da deforestazione, grandi impianti idroelettrici); Mancanza di certificazioni di origine dell’energia rinnovabile. 𝑺𝑬𝑮𝑵𝑨𝑳𝑰 𝑫’𝑨𝑳𝑳𝑨𝑹𝑴𝑬 –> 𝑰𝒏𝒇𝒐𝒓𝒎𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒗𝒂𝒈𝒉𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒕𝒊𝒑𝒐𝒍𝒐𝒈𝒊𝒂 𝒆 𝒑𝒓𝒐𝒗𝒆𝒏𝒊𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒆𝒈𝒍𝒊 𝒊𝒎𝒑𝒊𝒂𝒏𝒕𝒊.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟒: 𝐏𝐫𝐨𝐦𝐞𝐬𝐬𝐞 𝐌𝐢𝐫𝐚𝐛𝐨𝐥𝐚𝐧𝐭𝐢, 𝐑𝐢𝐬𝐮𝐥𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐮𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢 –> Esagerazione dei benefici economici per i membri (risparmi in bolletta irrealistici). Sovrastima della produzione di energia e della riduzione delle emissioni. 𝑺𝑬𝑮𝑵𝑨𝑳𝑰 𝑫’𝑨𝑳𝑳𝑨𝑹𝑴𝑬 –> 𝑴𝒂𝒏𝒄𝒂𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒊 𝒔𝒕𝒖𝒅𝒊 𝒅𝒊 𝒇𝒂𝒕𝒕𝒊𝒃𝒊𝒍𝒊𝒕𝒂̀ 𝒔𝒆𝒓𝒊 𝒆 𝒊𝒏𝒅𝒊𝒑𝒆𝒏𝒅𝒆𝒏𝒕𝒊, 𝒑𝒓𝒐𝒎𝒆𝒔𝒔𝒆 𝒕𝒓𝒐𝒑𝒑𝒐 𝒃𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒑𝒆𝒓 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒓𝒆 𝒗𝒆𝒓𝒆.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟓: 𝐋’𝐈𝐧𝐜𝐞𝐧𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐅𝐚𝐜𝐢𝐥𝐞 (𝐞 𝐃𝐞𝐯𝐢𝐚𝐭𝐨) –> Costituzione della CER al solo scopo di ottenere incentivi pubblici, senza un reale progetto di sviluppo sostenibile. Utilizzo degli incentivi per scopi diversi da quelli previsti (es. per finanziare altre attività del promotore). 𝑺𝑬𝑮𝑵𝑨𝑳𝑰 𝑫’𝑨𝑳𝑳𝑨𝑹𝑴𝑬 –> 𝒂𝒔𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒊 𝒓𝒆𝒏𝒅𝒊𝒄𝒐𝒏𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍’𝒖𝒕𝒊𝒍𝒊𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒆𝒈𝒍𝒊 𝒊𝒏𝒄𝒆𝒏𝒕𝒊𝒗𝒊.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟔: 𝐋𝐚 “𝐒𝐜𝐚𝐭𝐨𝐥𝐚 𝐍𝐞𝐫𝐚” 𝐈𝐧𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 –> Mancanza di trasparenza sul funzionamento della CER, sui costi, sui benefici e sui rischi. Difficoltà per i membri di accedere a informazioni chiare e complete. 𝑺𝑬𝑮𝑵𝑨𝑳𝑰 𝑫’𝑨𝑳𝑳𝑨𝑹𝑴𝑬 –> 𝑫𝒐𝒄𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒊𝒏𝒄𝒐𝒎𝒑𝒍𝒆𝒕𝒂 𝒐 𝒊𝒏𝒄𝒐𝒎𝒑𝒓𝒆𝒏𝒔𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆, 𝒓𝒊𝒔𝒑𝒐𝒔𝒕𝒆 𝒆𝒗𝒂𝒔𝒊𝒗𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒆 𝒅𝒐𝒎𝒂𝒏𝒅𝒆.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟕: 𝐌𝐚𝐫𝐤𝐞𝐭𝐢𝐧𝐠 𝐈𝐧𝐠𝐚𝐧𝐧𝐞𝐯𝐨𝐥𝐞 –> Utilizzo di slogan e immagini “verdi” senza fornire dati concreti e verificabili. Omissione di informazioni importanti (es. sui costi di manutenzione degli impianti). 𝑺𝑬𝑮𝑵𝑨𝑳𝑰 𝑫’𝑨𝑳𝑳𝑨𝑹𝑴𝑬 –> 𝒄𝒍𝒂𝒊𝒎 𝒂𝒎𝒃𝒊𝒆𝒏𝒕𝒂𝒍𝒊 𝒈𝒆𝒏𝒆𝒓𝒊𝒄𝒊 𝒆 𝒑𝒓𝒊𝒗𝒊 𝒅𝒊 𝒔𝒐𝒔𝒕𝒆𝒈𝒏𝒐.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟖: 𝐋𝐚 𝐏𝐚𝐫𝐭𝐞𝐜𝐢𝐩𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐅𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐭𝐚 –> Assemblee dei soci convocate raramente o con scarsa partecipazione. Decisioni prese da un ristretto gruppo di controllo, senza coinvolgere i membri. Mancanza di canali di comunicazione efficaci tra i membri e i gestori.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟗: 𝐂𝐨𝐧𝐟𝐥𝐢𝐭𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫𝐞𝐬𝐬𝐞 𝐍𝐚𝐬𝐜𝐨𝐬𝐭𝐢 –> Presenza di conflitti di interesse non dichiarati tra i promotori/gestori della CER e i fornitori di beni e servizi. Appalti e forniture affidati senza procedure trasparenti e competitive.

𝐂𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝟏𝟎: 𝐑𝐞𝐧𝐝𝐢𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐀𝐬𝐬𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐨 𝐎𝐩𝐚𝐜𝐚 –> Mancanza di una rendicontazione periodica, chiara e dettagliata, delle attività della CER, dei risultati economici e dell’impatto ambientale. Utilizzo di indicatori di performance ambigui o fuorvianti.

𝐒𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐢 t𝐮𝐭𝐞𝐥𝐚 𝐞 p𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞

Bisogna quindi che tutti gli attori in gioco nelle CER adottino determinate attività di monitoraggio.

• 𝐏𝐞𝐫 𝐢 𝐂𝐢𝐭𝐭𝐚𝐝𝐢𝐧𝐢 –> Informarsi attentamente prima di aderire a una CER, richiedendo informazioni dettagliate sul progetto, sui costi, sui benefici e sui rischi. Verificare la reputazione dei promotori e degli operatori coinvolti. Partecipare attivamente alla vita della CER, chiedendo trasparenza e rendicontazione. Segnalare eventuali irregolarità alle autorità competenti.

.• 𝐏𝐞𝐫 𝐥𝐞 𝐂𝐄𝐑 (𝐏𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞): –> Adottare un codice etico e un regolamento interno che promuovano la trasparenza, la partecipazione democratica e la sostenibilità. Fornire informazioni chiare, complete e verificabili ai membri e alla comunità. Sottoporre il progetto a una valutazione di impatto ambientale indipendente. Coinvolgere esperti indipendenti nella gestione e nel monitoraggio della CER. Rendere conto periodicamente delle attività e dei risultati. Sviluppare canali di comunicazione e ascolto per raccogliere istanze e suggerimenti dei soci.

• 𝐏𝐞𝐫 𝐥𝐞 𝐀𝐮𝐭𝐨𝐫𝐢𝐭𝐚̀ –> Rafforzare i controlli sulla costituzione e sul funzionamento delle CER. Definire standard minimi di trasparenza e partecipazione. Promuovere la formazione e l’informazione dei cittadini sui temi delle CER e del greenwashing. Sanzionare le pratiche scorrette. Creare un registro pubblico delle CER, con informazioni verificabili sulle loro caratteristiche e performance.

𝐂𝐨𝐧𝐜𝐥𝐮𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢

Il greenwashing e’ un fenomeno complesso e insidioso, e come evidenziato rischia di compromettere gli sforzi per la transizione energetica e la sostenibilità che possono essere raggiunti con le CER.

Il quadro normativo si sta evolvendo rapidamente, a livello internazionale, europeo e nazionale, per fornire strumenti più efficaci di contrasto. Tuttavia, la sola normativa non basta.

E’ necessaria una maggiore consapevolezza da parte di tutti gli attori coinvolti. Le imprese devono comprendere che la sostenibilità non e’ solo una questione di marketing, ma un imperativo strategico. I consumatori e gli investitori devono essere più attenti e critici nel valutare le informazioni ambientali. Le autorità di controllo devono agire con fermezza per sanzionare le pratiche scorrette.

Le nuove tecnologie, come la blockchain, potrebbero offrire strumenti innovativi per garantire la tracciabilità e la trasparenza delle informazioni ambientali.

Solo attraverso un impegno congiunto di tutti gli attori sarà possibile contrastare efficacemente il greenwashing e costruire un futuro energetico realmente sostenibile